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Duepuntoquattro figli

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Che il governo Monti ci creda (a prescindere sulle discussioni riguardo alla sua inclinazione politica: a me pare evidente che sia un governo di destra, e al momento la cosa non mi disturba più di tanto; ma è un discorso lungo che magari farò un’altra volta) si capisce non tanto dalla determinazione con cui va all’assalto dello statuto dei lavoratori, ma da altri provvedimenti. Che si potrebbero definire non prioritari, eppure sono necessari. Sto parlando dell’accorciamento dei tempi necessari per il divorzio, che (se approvato) porterebbe la separazione a un anno se la coppia non ha figli, due se invece ne ha. Un anno è già moltissimo per capire se ci si è lasciati per sempre, cosa che in genere le coppie che si separano hanno compreso ben prima.

Quello che mi piacerebbe vedere, e che credo faccia parte di un’innegabile necessità di portare la nostra società nel presente, è una riforma del diritto di famiglia che, fra le altre cose, riporti un maggiore equilibrio nella distribuzione dei beni in seguito al divorzio. Come molte donne, penso che al momento la disciplina nonché la giurisprudenza del divorzio favoriscano le donne in maniera eccessiva, attribuendo quasi in automatico case coniugali e affidamento dei figli alle madri. Non è giusto nei confronti dei padri, che si vedono relegati al ruolo di genitore in seconda e fornitore di assegni di mantenimento, ed è dannoso per le donne, che assumono in automatico una posizione di maggiore responsabilità rispetto alla cura dei figli, ma sono incoraggiate – per così dire – ad abbandonare il lavoro. Per metterla giù più semplice: se sai che sposandoti potrai chiedere gli alimenti in caso di divorzio, ti senti più tranquilla a fare la mamma a tempo pieno. Alimenti, non assegno di mantenimento dei figli, che sono due cose diverse: il mantenimento dello stesso tenore di vita che avevi durante il matrimonio. Non è strano che ci siano ancora quelle che sognano di sistemarsi e farsi mantenere a vita: la giurisprudenza è a loro favore.

La rifacciamo, questa famiglia italiana, magari provando a uscire dalla cartolina della pubblicità della pasta? Quella famiglia – con il padre lavoratore, la madre angelo del focolare, i duepuntoquattro figli – è minoritaria da un pezzo. Ce ne sono molte altre, famiglie con una mamma o con un papà soli a prendersi cura della prole, famiglie con due mamme o con due papà, addirittura famiglie con una mamma e un papà e la fidanzata della mamma e il fidanzato del papà. Tutte funzionano allo stesso modo, fra pappine, pannolini, scuole, asili, coprifuochi a mezzanotte accordati a malincuore, motorini acquistati dopo complessi negoziati, porte sbattute, qualche silenzio di troppo. C’è da cambiare tutto, nel modo in cui l’Italia regola l’istituto della famiglia: nessun politico puro avrà mai il coraggio di affrontare una riforma. Ma magari questo governo, che non ha nulla da perdere, potrebbe provarci.


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